Sul vetro incrinato,
aveva il ragno tessuto una tela.
Sul vetro,
il diamante dei tuoi occhi.
tracciò una riga.
In frantumi, il vetro
ruppe il silenzio degli alberi.
Restarono solo i tuoi occhi
e la luna:
nel mio sguardo cucirono,
insieme,
il loro sguardo.
(Nadèr Naderpùr)
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mercoledì 11 maggio 2011
sabato 30 aprile 2011
Quando un uomo e una donna diventano uno
Ho coperto i miei occhi
con la polvere della tristezza,
finché entrambi furono un mare colmo di perle.
Tutte le lacrime che noi creature versiamo per lui
non sono lacrime,come pensano molti, ma perle.....
Mi lamento dell'anima con l'anima,
ma non per lamentrmi: dico solo le cose come stanno.
Il cuore mi dice che è angosciato per lui
ma io non posso che ridere di questi torti immaginari.
Sii giusta, tu che sei la gloria del giusto.
Tu, anima, libera dal "noi" e dall'"io",
spirito sottile in ogni uomo e donna.
Quando un uomo e una donna diventano uno,
quell'uno sei tu.
E quando quell'uno è cancellato, tu sei.
Dove sono questo "noi" e questo "io"?
A lato dell'amato.
Tu hai fatto questo "noi" e questo "io"
perché tu potessi giocare
al gioco del corteggiamento con te stesso,
affinché tutti i "tu" e gli "io" diventino un'anima sola
e infine anneghino nell'amato.
Tutto ciò è vero. Vieni!
Tu che sei la parola creatrice: Sii.
Tu, al di là di qualunque descrizione.
E' possibile per l'occhio fisico vederti?
Può il pensiero comprendere il tuo riso o la tua pena?
Dimmi, è possibile vederti?
Soltanto di cose in prestito vive questo cuore.
Il giardino d'amore è infinitamente verde
e dà molti frutti oltre alla gioia e al dolore.
L'amore è al di là di entrambe le condizioni.
Senza primavera, senza autunno, è sempre nuovo.
(Jalal al-Din Rumi)
con la polvere della tristezza,
finché entrambi furono un mare colmo di perle.
Tutte le lacrime che noi creature versiamo per lui
non sono lacrime,come pensano molti, ma perle.....
Mi lamento dell'anima con l'anima,
ma non per lamentrmi: dico solo le cose come stanno.
Il cuore mi dice che è angosciato per lui
ma io non posso che ridere di questi torti immaginari.
Sii giusta, tu che sei la gloria del giusto.
Tu, anima, libera dal "noi" e dall'"io",
spirito sottile in ogni uomo e donna.
Quando un uomo e una donna diventano uno,
quell'uno sei tu.
E quando quell'uno è cancellato, tu sei.
Dove sono questo "noi" e questo "io"?
A lato dell'amato.
Tu hai fatto questo "noi" e questo "io"
perché tu potessi giocare
al gioco del corteggiamento con te stesso,
affinché tutti i "tu" e gli "io" diventino un'anima sola
e infine anneghino nell'amato.
Tutto ciò è vero. Vieni!
Tu che sei la parola creatrice: Sii.
Tu, al di là di qualunque descrizione.
E' possibile per l'occhio fisico vederti?
Può il pensiero comprendere il tuo riso o la tua pena?
Dimmi, è possibile vederti?
Soltanto di cose in prestito vive questo cuore.
Il giardino d'amore è infinitamente verde
e dà molti frutti oltre alla gioia e al dolore.
L'amore è al di là di entrambe le condizioni.
Senza primavera, senza autunno, è sempre nuovo.
(Jalal al-Din Rumi)
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domenica 24 aprile 2011
Resurrezione
Guardami, ché tu sarai compagno mio nel sepolcro
in quella notte quando passerai oltre la tua casa, la tua bottega.
Udirai il mio saluto di benvenuto sotto la lapide, e allora saprai
che mai tu fosti nascosto al mio sguardo.
Io sono come la ragione e la mente dentro il tuo petto,
nel tempo di piaceri e di gioie, nel tempo di pene e dolori.
O strana notte, quando udirai la voce ben nota,
e ti libererai dal morso del serpe, fuggirai dall'orrore della formica!
L'ebbrezza d'amore ti porterà nel sepolcro, qual dono,
vino, fanciulle, ceri, arrosto, dolciumi ed incensi.
In quel momento, quando la lampada della Ragione s'accende,
quale immensa pena si leverà dai morti nelle tombe!
La terra del cimitero sarà confusa dalle loro grida e clamori,
dal rombo del tamburo della Resurrezione, dal fasto della Rinascita!
Strappati i sudari, si tappano le orecchie pieni d'orrore;
ma che sono orecchie e cervello di fronte allo squillo della Tromba terribile?
Attento ai tuoi occhi, a non commettere errori,
che una sola ti sembri l'essenza di chi guarda e di chi è riguardato.
Dovunque volgerai lo sguardo vedrai la Mia forma,
sia che tu guardi a te stesso, sia che rimiri quell'immenso tumulto!
Rinuncia a essere strabico, raddrizza bene gli occhi,
ché l'occhio maligno sarà lontano, allora, dalla mia Bellezza.
Attento a non ingannarti sulla mia forma umana,
che sottile molto è lo spirito, e l'amore molto è geloso!
Ma che parlo di forma? Anche coperto da cento pieghe di feltro
i raggi dello specchio dell'anima fanno manifesto l'universo.
Se invece di cibo e denaro avesser cercato Iddio,
non vedresti un sol cieco seduto sull'orlo del fosso.
Poiché hai aperto nella nostra città una bottega di sguardi amorosi
chiudi la bocca e soltanto guarda, come purissima Luce!
Io taccio e nascondo il segreto a coloro che degni non sono.
Tu solo sei degno: il mistero per me è celato.
Vieni verso l'Oriente come il Sole di Tabriz
guarda lo stendardo trionfale, il fasto della Vittoria!
(Jalal al Din Rumi)
in quella notte quando passerai oltre la tua casa, la tua bottega.
Udirai il mio saluto di benvenuto sotto la lapide, e allora saprai
che mai tu fosti nascosto al mio sguardo.
Io sono come la ragione e la mente dentro il tuo petto,
nel tempo di piaceri e di gioie, nel tempo di pene e dolori.
O strana notte, quando udirai la voce ben nota,
e ti libererai dal morso del serpe, fuggirai dall'orrore della formica!
L'ebbrezza d'amore ti porterà nel sepolcro, qual dono,
vino, fanciulle, ceri, arrosto, dolciumi ed incensi.
In quel momento, quando la lampada della Ragione s'accende,
quale immensa pena si leverà dai morti nelle tombe!
La terra del cimitero sarà confusa dalle loro grida e clamori,
dal rombo del tamburo della Resurrezione, dal fasto della Rinascita!
Strappati i sudari, si tappano le orecchie pieni d'orrore;
ma che sono orecchie e cervello di fronte allo squillo della Tromba terribile?
Attento ai tuoi occhi, a non commettere errori,
che una sola ti sembri l'essenza di chi guarda e di chi è riguardato.
Dovunque volgerai lo sguardo vedrai la Mia forma,
sia che tu guardi a te stesso, sia che rimiri quell'immenso tumulto!
Rinuncia a essere strabico, raddrizza bene gli occhi,
ché l'occhio maligno sarà lontano, allora, dalla mia Bellezza.
Attento a non ingannarti sulla mia forma umana,
che sottile molto è lo spirito, e l'amore molto è geloso!
Ma che parlo di forma? Anche coperto da cento pieghe di feltro
i raggi dello specchio dell'anima fanno manifesto l'universo.
Se invece di cibo e denaro avesser cercato Iddio,
non vedresti un sol cieco seduto sull'orlo del fosso.
Poiché hai aperto nella nostra città una bottega di sguardi amorosi
chiudi la bocca e soltanto guarda, come purissima Luce!
Io taccio e nascondo il segreto a coloro che degni non sono.
Tu solo sei degno: il mistero per me è celato.
Vieni verso l'Oriente come il Sole di Tabriz
guarda lo stendardo trionfale, il fasto della Vittoria!
(Jalal al Din Rumi)
martedì 19 aprile 2011
L'ndovino
L’alveare del sole si era rovesciato
fuggite da lui le api di luce.
al di là dei prati,
calpestati dal cielo,
erano caduti
i rossi petali del tramonto.
Un vecchio chiromante – il vento –
arrivò da una strada lontana,
avvolto intorno al collo
lo scialle giallo dell’autunno.
Era invitato, quel giorno,
dagli alberi della via
che dal suo lucido responso
volevano conoscere il destino.
Ad ogni passo lo salutava un albero
ogni ramo gli tendeva la mano.
Ad una ad una il vento respinse quelle mani,
poi, come uno zingaro, intonò un canto nostalgico.
Cantò, cantò finche i corvi della sera
evocarono la notte tra i rami degli alberi.
Atterrite da quella voce, caddero le foglie
come se un colpo di fucile
le avesse colpite in cielo, a mille a mille.
Come acqua, sulle foglie scivolò la notte.
Ogni foglia una mano recisa :
il vento chiromante
senza guardare le linee delle palme,
aveva letto il destino di ogni foglia.
(Nadèr Naderpùr)
fuggite da lui le api di luce.
al di là dei prati,
calpestati dal cielo,
erano caduti
i rossi petali del tramonto.
Un vecchio chiromante – il vento –
arrivò da una strada lontana,
avvolto intorno al collo
lo scialle giallo dell’autunno.
Era invitato, quel giorno,
dagli alberi della via
che dal suo lucido responso
volevano conoscere il destino.
Ad ogni passo lo salutava un albero
ogni ramo gli tendeva la mano.
Ad una ad una il vento respinse quelle mani,
poi, come uno zingaro, intonò un canto nostalgico.
Cantò, cantò finche i corvi della sera
evocarono la notte tra i rami degli alberi.
Atterrite da quella voce, caddero le foglie
come se un colpo di fucile
le avesse colpite in cielo, a mille a mille.
Come acqua, sulle foglie scivolò la notte.
Ogni foglia una mano recisa :
il vento chiromante
senza guardare le linee delle palme,
aveva letto il destino di ogni foglia.
(Nadèr Naderpùr)
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